Cinema Le recensioni di Martina Corvaia

Back to Black: la recensione di Martina Corvaia

Marisa Abela in Back to Black (Credits. Universal Pictures Italia)

Back to Black, la recensione del film di Sam Taylor-Johnson con Marisa Abela, Jack O’Connell, Eddie Marsan, Lesley Manville e Ryan O’Doherty

They tried to make me go to Rehab

But I said “no, no, no”

Yes, I’ve been black, but when I come back / You’ll know, know, know. Parole forti ascoltate e cantate ancora oggi quelle di Amy Winehouse. Rehab e Back to Black: il primo uno dei singoli più struggenti, il secondo l’album di fama internazionale da cui è tratto, nonché il titolo del nuovo film di Sam Taylor-Johnson. Back to Black è l’auto-distruzione dal sapore amaro di un’artista tormentata, icona di stile e di musica rivoluzionaria degli anni 2000. Una cantautrice a tutto tondo che collezionava i premi più ambiti, anche se non le importava di vincere. Ma nulla poteva ricompensare il profondo stato depressivo, l’alcol, la droga, la bulimia, l’uso smodato di sigarette, la riabilitazione, il periodo più buio. Forse c’era qualcuno che poteva guarirla: Blake (Jack O’Connell), l’amore della sua vita, e una famiglia con bambini in giro a scorrazzare per casa. Sogni, illusioni, miraggi perduti. La solitudine di una giovane ragazza legata alla nonna Cynthia (Lesley Manville) che le fa desiderare un’esistenza disintossicata, pulita da qualsiasi pericolo. Senza più eccessi, paparazzata dai continui flash puntati addosso per avere l’esclusiva sulle sue cadute rovinose.

Se ci pensiamo un momento, come ricordiamo Amy Winehouse? Meglio: che cosa ricordiamo di Amy Winehouse? I capelli neri lunghi raccolti in un hair style anticonformista, il trucco pesante sugli occhi, i tatuaggi sulle braccia, la melodia di soul bianco riferita al rapporto malato con il marito ma al tempo stesso fonte di ispirazione. Più di tutto però, prima di sentire di cosa parlano le sue belle canzoni, ci sono due cose che non riusciamo proprio a dimenticare, quasi fosse un marchio a fuoco sulla pelle: il timbro di voce particolare ‒ unico nel suo genere ‒ e il lato oscuro della sua carriera, fatale nella ricaduta. La “maledizione del 27” è nota per tutti gli artisti deceduti a quell’età: c’è anche il nome di Amy Winehouse. Back to Black, quindi, per sempre.

Sam Taylor-Johnson riesuma quelle ceneri e ci dona il dietro le quinte della cantautrice britannica interpretata da Marisa Abela, volto e voce in un ritratto inedito, lontano dai riflettori. Voleva essere una donna indipendente, fare di testa sua, scrivere musica come diceva lei soltanto. O l’accettavi o la lasciavi. La zona grigia non era valutata. Era diventata suo malgrado la nuova Spice Girl, conosciuta sì per la sua musica ma anche ‒ e forse soprattutto ‒ per gli scoop e le mosse azzardate per gli affamati di scandalo. Marisa Abela assomiglia molto alla Winehouse: la voce simile, i modi di fare, la vita di una donna bramosa di un amore puro dietro il personaggio, la sofferenza, i demoni interiori. Le interessava solo amare e invece quell’amore le si è rivoltato contro, ferendola a morte. Una bottiglia sempre accanto e si ricominciava da capo.

Il biopic Back to Black di Sam Taylor-Johnson non si scorda, come l’eterno album che ha fatto la storia della musica. Back to Black è la storia dietro la storia ‒ a tratti un filo romanzata ‒, l’apparenza che si sbriciola lentamente per svelare chi era davvero Amy Winehouse. Ed è tanto altro che semplicemente un’icona di stile della nuova generazione.

VOTO: 8/10

Martina Corvaia

Back to Black locandina film (Credits: Universal Pictures Italia)
Back to Black locandina film (Credits: Universal Pictures Italia)

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